franco lancio
designer
Lo studio professionale, oggigiorno, non è mica quello che c’era una volta. Lo studio autorevole, quello nei palazzi borghesi del centro, con la corte e il portiere, la segretaria, i praticanti, cinque o sei linee, la sala d’attesa, i quadri d’autore e i mobili d’epoca; lo studio concepito per annichilire il cliente e fargli capire fin dal primo appuntamento chi comanda (e soprattutto quale parcella lo aspetta) sta facendo il suo tempo. Oggi il professionista va a caccia, svolge il suo lavoro in movimento; poi, ogni tanto, si ritira. Basta con la retorica della struttura. Basta con la prigione dorata che rinchiude i pensieri e confina l’iniziativa nella gabbia dell’ostentazione (volgarotta e pure un po’ fascista, se vogliamo dirla come va detta). Basta con i collaboratori che fanno il lavoro sporco delle fotocopie e del trasporto borse, basta con i sottoposti, basta con la signorina che ti passa le telefonate e ti organizza l’agenda. Basta con lo squallido cliché della relazione clandestina con la segretaria. Basta con lo studio di proprietà . Basta con la proprietà . Non stringere legami, scioglili. Oggi sei qui, domani da un’altra parte. Devi vedere un cliente che merita una sessione a quattr’occhi? Ti fai cercare sul telefonino e lo incontri a pranzo (meglio ancora, al tavolino di un bar). Il telefonino ti fa sentire braccato? Lo spegni. Sei un libero professionista (senti come suonano le due parole): prenditi la tua libertà , fallo sul serio, usala. E poi, parliamoci chiaro: di questi tempi, credete che il cliente medio si lasci impressionare dal bello studio? Il ceto medio è morto. I professionisti si buttano. Il lavoro bisogna inventarselo, giorno per giorno.
E’ bello avere un’alternativa nella vita.

​Diego de Silva
da Non avevo capito niente, Einaudi